Magnetoosteoinduzione nei casi di ossificazione di impianti dentali
Magnetoterapia ed induzione dell’osteointegrazione
L’ utilizzo di un campo magnetico di intensità di induzione compresa tra i 50 e 100 Gauss si è rivelato estremamente efficace, tramite gli effetti Magneto meccanici e Magneto elettrici di induzione primari e gli effetti secondari chimico-fisici, nel promuovere i fenomeni di rigenerazione ossea e tissutale in genere attorno alle fixtures in titanio dopo intervento di implantoprotesi orale.
Dalla letteratura esistente in campo Medico Chirurgico riguardante l’utilizzo di campi Magnetici terapeutici, abbiamo tratto, con la consulenza e l’indirizzo metodologico del Prof. Bruno Brandimarte, gli aspetti che più potevano interessarci nell’ambito della nostra attività di Chirurgia Odontoiatrica. È noto infatti che la presenza di un campo magnetico con caratteristiche note, si correla con i fenomeni fisiologici di rigenerazione tissutale delle ferite chirurgiche tramite i processi che vengono enfatizzati dai campi magnetici quali ad esempio:
- aumento del numero degli elementi cellulari aspecifici di origine ematica nella sede del focolaio di riparazione;
- aumento della quantità di osteoblasti, osteoclasti, fibrolasti;
- promozione della mineralizzazione della matrice ossea tramite gli effetti secondari del campo magnetico (Chimico-Fisici) tendenti ad aumentare il gradiente di O2, le reazioni di ossido-riduzione con effetti metabolici sull’utilizzo di ATP e tramite gli effetti Magnetomeccanici e Magnetoelettrici sulla vascolarizzazione e nella microangiogenesi nel sito chirurgico;
- aumento dell’osteo induzione attorno a biomateriali inerti quali, ad esempio, i materiali ceramici (idrossiapatite), i biovetri, i polimeri (Acido Polilattico, Poliglicolico PGA): i biomateriali sono osteoconduttivi, il campo magnetico è osteoinduttivo.
Istologia della componente ossea
Ma prima di arrivare alla descrizione nel dettaglio delle applicazioni da noi fatte in campo specificamente implantoprotesico, è di fondamentale importanza il richiamo a brevi cenni di istologia della componente ossea e di quella mucoso-epiteliale tipiche del compartimento anatomico odonto-stomatologico. Partiamo quindi dalla descrizione delle componenti macro e microscopiche che costituiscono il tessuto osseo cominciando dall’ accenno alla membrana che ricopre la corticale ossea, il periostio la cui tunica interna è alquanto ricca di cellule osteoprogenitrici ed osteoblasti. Il periostio contribuisce al trofismo della corticale ossea tramite vasi sanguigni e linfatici. Le cellule che maggiormente concorrono alla formazione del tessuto osseo sono infatti:
- Osteoblasti che provengono dalle cellule mesenchimali osteoprogenitrici;
- Osteociti;
- Osteoclasti che derivano da cellule mononucleate, progenitrici del sistema macrofagico di origine ematica.
Gli Osteoblasti producono la matrice ossea (Osteoide) costituita da collagene tipo I, proteoglicani e glicoproteine, che andrà incontro a progressiva mineralizzazione.
Gli Osteociti sono cellule della matrice già mineralizzata, derivano dagli osteoblasti, hanno prolungamenti citoplasmatici che si addentrano nei canalicoli del sistema Haversiano. Mantengono la matrice ossea promovendone il trofismo.
Gli Osteoclasti sono cellule multinucleate di grandi dimensioni di origine ematica deputate al riassorbimento di osso mineralizzato e cartilagine. Come accennato appartengono al sistema monocitico-macrofagico. Sono ricchi di vacuoli citoplasmatici rappresentati dai Lisosomi.
Composizione dell’osso
Passiamo ora alla descrizione per sommi capi della composizione dell’ osso costituito per il 90% di Matrice Organica costituita da collagene e proteoglicani. La Matrice Calcificata è invece composta per l’85% di Fosfato di Calcio, 10% di Carbonato di Calcio, 1,5% di Carbonato di Magnesio oltre ad altre piccole quote di sali di calcio quali ad esempio il Fluoruro di Calcio. Il Fosfato di Calcio è nella maggior parte rappresentato dal Fosfato Tribasico di Calcio o idrossilapatite (HA) in forma cristallina. La Fosfatasi Alcalina è la glicoproteina che lega il calcio al collagene della matrice osteoblastica provocando la precipitazione del Fosfato di Calcio sulla impalcatura collagena e promuovendone la mineralizzazione e l’architettura tridimensionale. A livello sistemico la complessa regolazione del metabolismo osseo è mediata dagli ormoni della paratiroide e della Tiroide Paratormone e Calcitonina, dalle vitamine (Calciferolo, Retinolo), dalle Citochine, dalle Prostaglandine. Tornando ora allo specifico campo di trattazione, la Chirurgia ossea odontostomatologica ed implantoprotesica in particolare, possiamo definire la breccia ossea chirurgica una lesione della integrità ossea che scatena una reazione infiammatoria proporzionale alla gravità dell’insulto. Branemark nel 1958 individuò nella fenomenologia della riparazione ossea una serie di fattori Intrinseci (cellulari, stimoli riparativi, fattori metabolici nutritivi, fattori endocrini) e fattori Estrinseci quali la maggiore o minore traumaticità dell’intervento. Quindi la guarigione del sito implantare può avvenire per :
- Solidarizzazione con capsula fibrosa
- Anchilosi
Nel primo caso, la fibrosi comporta la formazione di un manicotto fibroso peri implantare che si frappone tra la superficie dell’ impianto e la compagine ossea. Ma la disposizione di queste fibre non ricorda quella del legamento parodontale: questa fibrosi può esitare in mobilizzazione dell’impianto, migrazione epiteliale e formazione di recessioni ossee e deiscenze con conseguente perdita dell’impianto, favorite anche dalla forma, dalla silhouette delle spire e dal trattamento di superficie della fixture. Branemark descrisse in maniera scientifica il fenomeno già evidenziato empiricamente da numerosi implantologi e studiato dal Prof. Pasqualini negli anni 60, di intima connessione tra la fixture e la componente ossea: nacque il concetto di OSTEOINTEGRAZIONE, sviluppato negli anni con gli studi della scuola di Goteborg (Svezia) ad opera di Albrektsson e Hausson 1986 e Abrektsson e collaboratori 1989, che descrivevano clinicamente percentuali di successi dell’ordine del 92% a 5 anni. La terapia con Campi Magnetoelettrici si inserisce proficuamente nel determinare l’intima apposizione di tessuto osseo al titanio dell’impianto attraverso i meccanismi di promozione della osteointegrazione, stimolando l’attività ed il numero degli osteoblasti ed osteoclasti nel sito e l’evoluzione in senso osteoblastico delle cellule mesenchimali indifferenziate. Già Branemark nel 1985 individuò nel meccanismo di rimodellamento osseo peri implantare la presenza fondamentale di stimoli piezo-elettrici: “è stato dimostrato che l’applicazione di stimolazioni elettriche favorisce l’osteointegrazione”. Ma proprio questa formidabile caratteristica dei Campi Magnetici di promuovere l’attività e la maturazione cellulare può indurre, nell’uso improprio non adatto alle specifiche circostanze, la differenziazione delle cellule mesenchimali in fibrolasti con conseguente formazione di fibrosi peri implantare. Ed è per questa ragione che l’uso dei C.M. in odontostomatologia richiede apparecchi e protocolli specificamente dedicati.
Il titanio
È ora necessario accennare alla composizione del materiale per eccellenza utilizzato in campo implantologico sia in odontoiatria, sia in altre branche chirurgiche (Ortopedia, Neurochirurgia, Chirurgia Maxillo Facciale ecc..), il titanio.
Quasi sempre il Titanio (Ti) è usato come leghe, la più frequenti delle quali e’ il Ti 6 Al Va con 6% di Alluminio e 4% di Vanadio. L’alluminio aumenta la durezza del Titanio e ne migliora il modulo di elasticità rendendolo simile al modulo E dell’ osso. Il Vanadio riduce del 50% la conducibilità termica. Il contatto con l’aria genera poi uno strato di ossido di Titanio di 10 Åmstrong ed in circa 1 minuto lo strato di TiO2 arriva a 50 – 100 Å.
Questo ossido carica negativamente l’impianto aumentando, di fatto, l’affinità per le biomolecole ma fondamentalmente lo rende elettricamente neutro (considerando che il Titanio è molto elettronegativo). Da qui la possibilità di utilizzare tranquillamente il Campo Magnetico in queste particolare situazioni senza il rischio della diffusione di ioni di Titanio al di fuori del sito interessato. L’interfaccia Osso-Impianto rappresenta una struttura biologicamente attiva anche molti anni dopo l’intervento e il carico masticatorio: si osserva quindi una disposizione ossea di tipo lamellare con numerosi osteociti presenti nell’osso perimplantare.
La struttura della gengiva perimplantare deriva dalla guarigione in senso cicatriziale di una incisione chirurgica. Tale struttura tende a riprodurre la dimensione biologica tipica dell’elemento naturale: epitelio sulculare, epitelio giunzionale. L’adesione al Titanio è garantita dalle fibre connettivali dell’epitelio cheratinizzato che si dispongono in strati circolari molto aderenti all’abutment o al collo emerso dell’impianto. Per questa ragione l’integrazione mucosa è favorita dal collo implantare emergente e dall’azione dei Campi magnetici nello specifico oltre agli altri mezzi fisici con effetto di stimolazione biologica.
Analisi dei casi trattati
Analizziamo i casi trattati con Magnetoterapia Me 60 odontoiatrica con induzione sulle arcate di 50-100 Gauss e basso livello nella zona encefalica (12-20 Gauss). Il lavoro da noi svolto negli ultimi 8 mesi è volto alla dimostrazione di effetti significativamente rilevanti sulla stimolazione della rigenerazione ossea (in particolare tesi al raggiungimento di una valida osteointegrazione) in specifici settori dell’implantologia odontostomatologica da parte dei campi magnetici di bassa frequenza e debole (o molto debole ELF – Extremely Low Frequency) intensità. I campi di applicazione da noi indagati riguardano soprattutto gli impianti post-estrattivi, gli impianti a carico differito precoce, gli impianti a carico immediato (entro 3 – 5 giorni), gli impianti inseriti con tecniche GBR, l’uso di biomateriali e la riduzione dei tempi dell’osteointegrazione e dei fenomeni flogistico/dolorosi postoperatori nei casi routinari. Da Aprile 2005 alla fine di Novembre 2005 sono stati inseriti nel trial di ricerca per la Magnetoterapia N° 50 fixtures (screwtipe) e solo questi monitorati settimanalmente tramite controllo clinico, radiografia RVG, OPT, nei casi necessari e controllo della frequenza di risonanza. Di questi 50 impianti, 15 costituivano gruppi di controllo. Il trattamento domiciliare consisteva nella applicazione per intervalli di tempo crescente dai 15 ai 30 minuti al dì ad intensità crescente sulla scala di ME 60 dal 3 al 4, per un periodo di 30 giorni con l’assunzione contestuale di vitamina D per os. A tutti i pazienti sono stati prescritti antibiotici per short therapy ed antinfiammatori solo ai pazienti del gruppo di controllo. Ai pazienti a rischio di parestesie post traumatiche è stato somministrato cortisonico per infiltrazioni mucose nell’area interessata dall’intervento. Dei 35 impianti inseriti nella ricerca per osteoinduzione tramite Magnetoterapia, 20 erano impianti inseriti immediatamente dopo estrazione di elementi dentari di cui 2 a carico immediato in sede 31 e 42 e 15 erano le fixtures inserite in selle edentule di lunga data su un totale di n. 7 pazienti. Nel gruppo di controllo rappresentato da 15 fixtures, 10 erano impianti Post-estrattivi, 5 erano gli impianti di routine per un totale di n. 5 pazienti. In tutti i pazienti inseriti nel trial clinico sono stati applicate fixtures FULL-IR specificamente progettate per Post-estrattivi per osso tipo D3/D4 ed impianti per osso corticale denso in zona intraforaminale nei casi di overdenture o di protesi ibrida.
Risultati
L’analisi quanto mai parziale degli esiti e dei risultati ha permesso di evidenziare per gli impianti Post-estrattivi un aumento significativo della qualità e della quantità dell’osteointegrazione in tempi significativamente più rapidi nei pazienti trattati con Magnetoterapia. È stato infatti possibile in data 26 Settembre 2005 arrivare ad un carico mediante provvisori armati fissi, nel caso più datato di estrazioni multiple seguite dall’immediato inserimento di 10 fixtures, per interventi effettuati in data 14 Aprile 2005 e 11 Maggio 2005 dopo una attesa cautelativa di soli 4 mesi (normalmente l’attesa in questi casi è di 6-8 mesi). Il caso, in osservazione da circa 6 mesi, è perfettamente funzionante e non presenta alcun segno di sofferenza oggettiva e soggettiva. Altri 2 casi per un totale di 6 impianti post-estrattivi sono stati protesizzati dopo circa 3 mesi dall’intervento (minimo 6-8 mesi nei normali protocolli) anche in presenza di deiscenze ossee ed aree osteolitche. In tutti i casi si e’ riscontrato tramite RX rvg un aumento della densità ossea periimplantare anche in presenza di Biomateriali di riempimento rispetto ai controlli. I casi di carico immediato sono stati eseguiti nell’arcata inferiore in zona parasinfisaria intramentoniera e riguardavano due casi postestrattivi di elementi singoli protesizzati con provvisori scaricati funzionalmente e posizionati con tecniche di minima invasività sotto controllo della radiologia digitale in tomografia extraorale con centratore Tomex e sensore RVG 43/30mm. Sono stati eseguiti tre casi di overdenture mandibolare con quattro impianti ciascuno solidarizzati da una barra avvitata e ritenzione con “ball-attachment” o “Cavalieri di Akermann” e parascheletrato, finalizzati dopo 45 giorni dall’intervento nel gruppo dei pazienti sottoposti a trattamento con campi magnetici contro un’attesa di 90/120 giorni per il gruppo di controllo. Nei casi non postestrattivi per trattamenti di siti edentuli non complicati, con l’utilizzo di impianti specifici per le varie situazioni ossee, sono state rilevate diminuzioni dei tempi di osteointegrazione nell’ordine del 30% corrispondenti a circa 45/50giorni per le selle edentule fino al carico immediato solidarizzato con provvisori non funzionali nelle zone frontali sia superiori sia inferiori. Negli impianti inseriti in osso D3/D4 e con sinus lift di grado lieve, l’analisi RVG a colori polarizzati consente di individuare aree di osteocondensazione in corrispondenza delle spire altrimenti meno presenti nei controlli. La guarigione dei tessuti molli periimplantari ha avuto una forte accelerazione nei pazienti trattati con Magnetoterapia rispetto ai controlli. La sintomatologia algico/parestetica del dopo intervento pare essere notevolmente ridotta anche in assenza di antinfiammatori nei giorni seguenti il trauma chirurgico.
Conclusione
Dall’analisi dei pochi dati parziali a disposizione, confortati dalla ricca letteratura presente in campo chirurgico/ortopedico e dalla competenza in materia del Prof. Bruno Brandimarte, ideatore della versione odontoiatrica del generatore diCM ME60, possiamo ritenere con altissima predicibilità che l’uso in campo post-implantare dei Campi Magnetici sia destinato ad un costante aumento per il futuro. Oltre alle applicazioni già collaudate quali la notevole riduzione dei tempi dell’osteointegrazione, la riduzione dei fenomeni flogistici postoperatori, la stimolazione della neoformazione ossea e la migliore guarigione dei tessuti molli si possono intravedere ulteriori promettenti campi di applicazione dei CM in associazione ad altri mezzi fisici, quali ad esempio il trattamento delle parestesie protratte da sofferenza post-chirurgica del fascio vascolo-nervoso del nervo alveolare inferiore e del nervo mentoniero oltre ai tanti altri campi di applicazione in odontoiatria chirurgica. A tutt’oggi comunque la Magnetoterapia tramite generatore di Campi Magnetici ME 60 per induzione sulle arcate di 50-100 Gauss, rappresenta un collaudato ausilio terapeutico per l’implantologia orale che voglia uscire dai canoni della routine per affrontare casi più complessi ma sicuramente di maggior soddisfazione e con notevole grado di predicibilità dei tempi e dei modi dell’osteointegrazione.