Storia dell’implantologia
La storia dell’implantologia moderna può essere datata con l’impiego del Titanio come materiale di costruzione degli impianti. I pionieri americani della fine del XIX secolo, Greensfield e Payne, già praticavano la protesi su impianti (in epoca pre-antibiotica) con l’utilizzo del platino-iridio mentre in Europa, attorno agli anni 45-50, lo svedese Dahal si affidava al cromo-cobalto e il modenese Formiggini utilizzava il Tantalio.
È con l’avvento del Titanio, utilizzato per la prima volta in campo odontoiatrico da Tramonte (per essere poi inserito nelle branche chirurgiche ortopediche, neurochirurgiche, maxillo-facciali) che possiamo individuare l’inizio della moderna implantologia. La grande scuola italiana degli anni 60-70 composta dai pionieri Pasqualini, Tramonte, Garbaccio, Muratori, quella americana dello stesso periodo rappresentata da Linkow, quella francese da Cherchève, seguite dalle scuole tedesche e svizzere dagli anni 70 furono le progenitrici del metodo scientifico dello svedese Branemark (Nobelpharma) degli anni 80. Da allora ad oggi sono cambiate una infinità di metodiche, di concezioni, di linee guida più o meno rigide, di protocolli nati e scomparsi, fino al ritorno ai concetti originari di “carico immediato”, di impianti non completamente sommersi, di tecniche immediatamente post- estrattive, di fixtures inclinate per evitare zone di rispetto anatomico. I corsi e ricorsi della storia scientifica, come di quella umana tout court, hanno portato al distillato di tecniche e conoscenze scientifiche che sono i pilastri delle moderne concezioni implanto-protesiche.